



Tra le foto di Ruggero Pertile e Anna Incerti spunta a tutta pagina un “non-campione”. Nella classifica annuale per tempi risulto 25° in una popolazione di 35’000 e rotti maratoneti italiani. Non male, ma non un campione fatto e finito…
Allora perchè hanno scelto il mio arrivo della Brescia Art Marathon come “copertina” della sezione dei risultati maschili?
Forse perchè ho una capacità – e stavolta non pecco di modestia ahimé… – che pochi hanno: ho imparato a strappare la gioia ai giorni presenti e a lasciare che le mie emozioni traspaiano dal mio volto e dai miei gesti. Perchè limitarsi nella gioia e nel dolore? Non c’è una ragione valida per non esultare per una conquista né ve n’è una per non essere rattristati da una delusione…
Non vi sono ragioni per non ridere quando si è felici né per non piangere quando si è affranti.
A meno che non si voglia piangere di felicità… Quello che accadde a me quel 13 marzo 2011, la fatica di essermi restituito alla maratona.
Con tutto il corpo.
Con tutto il mio alito vitale.
Con tutta la spazialità della mia mente
Sopra l’entrata di un famoso club sportivo padovano si legge questa frase di Kipling: “solo se saprai affrontare con eguale distacco la vittoria e la sconfitta sarai un vero uomo”.
A parte il fatto che essere un vero uomo è certo l’ultimo e a me meno gradito tra i possibli pensieri (ma queste sono cose personali) questa frase mi è sempre sembrata una cavolata: io penso invece che sia giusto, umano e fondamentalmente sano emozionarsi per le vittorie e dolersi per le sconfitte. Perchè siamo umani e non macchine, e perchè proprio sulla capacità di vivere in pieno le nostre emozioni, siano esse positive o negative, costruiamo la nostra capacità di relazionarci, di collocarci nella vita, di raggiungere i nostri obiettivi senza mollare…
Insomma mi fa piacere trovarti su questa stessa linea, ecco :-)
Mia